L’artista spezza la linea (illusoria) del tempo, “ogni scrittore crea i propri precursori, la sua opera modifica la nostra concezione del passato, così come deve modificare il futuro. In questa correlazione l’identità o la pluralità degli uomini non ha alcuna importanza” (Borges). “ I suoni che sono nella voce sono simboli delle affezioni che sono nell’anima, e i segni scritti lo sono dei suoni che sono nella voce” (Aristotele).
Lo psicologo e fisico tedesco Wolfgang Kohler “negli anni quaranta del Novecento aveva condotto un esperimento presso le popolazioni prelinguistiche delle isole Tenerife mostrando ai soggetti due figure astratte, l’una dai contorni appuntiti e l’altra curvilinea, chiedendo loro di assegnare a ciascuna una parola nonsense da scegliere tra takete e maluma. I risultati dei test avevano evidenziato come la maggior parte degli individui associasse sorprendentemente maluma alla forma arrotondata e takete a quella appuntita. In tempi recenti l’esperimento è stato ripetuto utilizzando una figura che ricorda una macchia d’inchiostro e un’altra che assomiglia a un pezzo di vetro frastagliato, da accostare alle parole bouba o kiki: in questo caso, addirittura il 98 per cento degli intervistati ha scelto bouba per la forma “morbida” della macchia d’inchiostro e kiki per la forma appuntita del pezzo di vetro. I risultati di questi esperimenti suggeriscono che esiste una profonda connessione tra stimoli uditivi e stimoli visivi, per cui è lecito ipotizzare che i contorni arrotondati della prima immagine mimino metaforicamente i movimenti graduali delle labbra nel produrre la modulazione del suono /bouba/ così come viene rappresentato nei centri di ascolto del cervello, mentre i movimenti della lingua nel pronunciare kiki sembrano ricalcare il cambiamento repentino nei contorni ella figura frastagliata”, da ciò possiamo trarre la conclusione che: “le relazioni tra i sensi si riversano come un fiume incandescente sul linguaggio. Lasciandovi un’impronta indelebile -l ’impronta del corpo sui codici semiotici. (…)
Gli approcci tradizionali considerano il sistema motorio come una parte del sistema nervoso deputata alla programmazione e all’esecuzione dei movimenti, identificando la comprensione delle azioni altrui con un atteggiamento di tipo induttivo, come quando osserviamo un bicchiere in bilico su una mensola e ci aspettiamo che prima o poi cadrà-dunque con un’inferenza logica sugli aspetti visivi di ciò che si osserva. Al contrario, le scoperte fatte negli ultimi anni hanno rivelato che osservare le azioni altrui vuol dire registrarle nel nostro sistema visivo per poi riversarle, “mapparle”, sulle nostre rappresentazioni motorie: le comprendiamo in quanto ne abbiamo un’esperienza diretta, benché simulata.”. (Retorica e scienze neurocognitive, Stefano Calabrese)