Archivio | ottobre 2023

Immaginari futuri

Così comincia ” La nostra appartenenza a questo mondo ha qualcosa di ossessivo. Essa ci ha fatto introiettare dei modelli che c’impediscono d’immaginare mondi diversi”, ed è senz’altro vero e oltremodo interessante, così come prolifico per nuovi pensieri e riflessioni, tuttavia, e l’autore sarà senz’altro d’accordo, avendo scritto proprio il libro su questo incipit- la cui citazione è parte della introduzione- proprio questa ossessività, alla quale segue a ruota una identificazione, ci ha consentito di produrre parte della nostra umanità, ma ancora tuttavia questa identificazione ha bisogno di smaccarsi dalle forme consuete per approdare a immaginazioni nuove, capaci di spezzare la catena delle identificazioni, produrne di nuove così da aiutarci nella materializzazione di forme diverse, corrispondenti alle reali condizioni sociali psicologiche ed economiche, effettivi trampolini di lancio delle nostre vite.

Questa è l’effettiva ragion d’essere di coloro che si pongono sulla scena sociale alla stregua di intellettuali e artisti.

L’impegno e la fatica che conseguono a tale missione, di per sé hanno l’effetto di selezionare le persone giuste, adatte, dacché tale compito richiede uno sconvolgimento totale della nostra primaria identificazione e un tempo superiore alle forze di coloro che tale tempo lo consumano per produrre un salario adeguato alla riproduzione delle stesse forze, giacché i sabati e le domeniche o le ore residuali non sono affatto sufficienti a far sì che nelle menti si possano ricomporre scenari dirompenti e adatti a tale scopo.

Nel mirino ciò che vedo non penso sia all’altezza, se solo si pensa che sia necessario utilizzare le tragedie per confermare la giustezza delle proprie posizioni, il che non mi appare, dal punto di vista etico, superiore alla posizioni di coloro che abbracciano le ideologie per giustificare le proprie esecrabili azioni, o di coloro che, dipendenti da una qualche compulsione, giocano al lotto dell’azzardo giocandosi le vite.

Sono ancora necessarie le tragedie per rendere ragione delle proprie convinzioni politiche? La tragedia della propria vita consumata nel tempo dello scambio economico, della propria vita mercificata, non è motore tale capace di mettere in moto tutto il resto? O forse l’aver identificato sé stessi alle proprie convinzioni ideologiche è stato un prezzo così alto da necessitare del nemico di turno al quale dimostrare di aver ragione, per il tramite della carta della morte che sia del nemico o dell’innocente o del martirio di un compagno?

I fatti di cronaca, gettati in pasto giorno dopo giorno nella fiera mondana delle informazioni, sono forse i capri espiatori che consentono alle nostre coscienze di riprodursi identiche a sé stesse o peggio ancora identiche alle modalità con le quali i fatti stessi si sono imposti?

Se fosse necessario un salto più grande? Forse che si rischierebbe troppo? E non sarebbe arrivato il momento di rischiare?

A proposito, a cominciare è Segre in Fuori del mondo. I modelli nella follia e nelle immagini dell’aldilà.

Ciò che ci accade

“Una crescente incapacità di accedere al simbolico, un’attrazione fatale verso la reificazione e mercificazione”.

“Per pregnanza simbolica si deve quindi intendere la maniera in cui un’esperienza vissuta dalla percezione, in quanto esperienza di senso, racchiude in sé un determinato senso non intuitivo, e immediatamente lo esprime in modo concreto” (Ernst Cassirer).

Mi chiedo quanto ognuno di noi si limita ad assumere i simboli e quanto poco, ossia in quante poche ricorrenze, li esprimiamo.

Di quante poche esperienze simboliche sono coronate le nostre vite?

“Ne la Fondazione della Metafisica dei costumi Kant distingue tra ciò che ha prezzo da ciò che ha dignità: “Ciò che ha un prezzo può essere sostituito con qualcos’altro come equivalente”.

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